Ripartiamo da Sergiu


Ebbene sì: si torna al lavoro ma, invece di subire i soliti disarmanti servizi che tutti i tg d'Italia ci propinano ritenendoci, come sempre, meritevoli di scontatezze e banalità, proporrei di abbassare l'audio del televisore, alzare quello dello stereo e ricominciare da un monumento immortale. Il suo nome è (era) Sergiu Celibidache, e dico subito, a scanso di fraitendimenti, che a nostro parere il suo meglio l'ha dato nell'ultimo periodo della sua esistenza alla guida dei Muenchner Philharmoniker. Appesantito, con una lunga chioma candida, mai domo. Il suo Bruckner non ha paragoni, e resterà senza tempo: per questo non ha senso allegare le date delle esecuzioni e delle registrazioni. Qui, come direbbe il fisico Carlo Rovelli, autore di uno dei bestseller dell'estate, il tempo scompare e resta soltanto "un paesaggio vuoto e ventoso dove sono solo roccia e cielo". Al di là di ogni discorso pseudoreligioso o pseudofilosofico, al di là dell'aura mitica di cui il personaggio Celi è andato circondandosi, non si sa bene se suo malgrado o meno, perfino al di là di ogni fantasiosa teoria musicologica, a parlare sono le esecuzioni. Di cui, fortunatamente, Youtube (e l'etichetta Emi) non sono avari.
  


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