Quell'ultimo concerto


"L'ultimo concerto": una categoria abusata, una specie di slogan a volte, dobbiamo ammetterlo, macabramente commerciale. Gli scaffali dei negozi, reali e virtuali, sono ormai inondati di "last concerts" e "last recitals": Bernstein, Karajan, Abbado, Horowitz... non c'è direttore o grande solista che non abbia avuto un suo "ultimo concerto", quasi fosse la sintesi suprema e imperdibile di un percorso interpretativo che, solo all'ultimo, acquista significato e guadagna il proprio culmine. Sappiamo in realtà che spesso non è così, e che gli ultimi concerti mostrano tutt'al più un'ombra sbiadita e appannata di quello che fu. Fra le eccezioni c'è questo "last" dello sfortunato pianista rumeno Dinu Lipatti, al festival di Besançon il 16 settembre 1950, esattamente un mese e mezzo prima di morire a 33 anni per un linfoma allora incurabile. Questa lettura della celebre sonata K 310 di Wolfgang Amadeus Mozart è forse l'ultimo, disperato tentativo di aggrapparsi alla vita. Ma, nel farlo, Lipatti non perde la freddezza richiesta ad ogni interprete mozartiano. Il risultato è da brividi. 




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