La morte è un'isola



Una piccola barca scivola sull'acqua livida, che si richiude immediatamente dietro la poppa. A bordo, un rematore si dà da fare alle spalle di una bianca figura di fantasma avvolta in un sudario, che sembra vigilare sul proprio apparato mortuario. I due fanno per approdare su uno strano atollo, un cuore di cipressi abbracciato dai ruderi di costruzioni diroccate che si fondono con gli imponenti scogli ocra scuro disposti a corona. Una spiaggia di sassi offre uno scosceso attracco all'imbarcazione, colta nell'attimo in cui non è ancora a terra ma non è più in mare aperto. Pochi dipinti restituiscono un certo spirito tardoromantico quanto "L'isola della morte", realizzato in cinque versioni tra il 1880 e il 1886 dal pittore svizzero Arnold Boecklin. Più di vent'anni dopo, verso la fine del primo decennio del Novecento, fu Sergej Rachmaninov a riversare in musica le emozioni del quadro, visto a Parigi nel 1907. Il poema sinfonico, dai toni volutamente cupi, rappresenta l'atteggiamento del compositore russo di fronte alla morte, sorella temuta ma guardata con curiosità, come il cane nero dell'Aurispa dannunziano. 

Il promontorio calava a picco su la deserta scogliera nerastra intorno a cui l'acqua tranquilla si moveva appena appena con un tenue sciacquìo cullando nelle sue lente ondulazioni i riflessi delle stelle.

Moriremo soli, la morte è un'isola.  









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