Schumann, il suicidio mancato di un bipolare


Nella storia della sinfonia romantica ci sono sorprendenti angoli oscuri. Nel mezzo di uno di questi, scavando un po', finisci per trovare la Seconda Sinfonia di Robert Schumann, schiacciata (immeritatamente) fra la ben più nota n. 1 "Primavera" e la più solenne "Renana" (n. 3), dedicata al fiume in cui più di una volta si gettò tentando invano di togliersi la vita. La meno nota, certo. Eppure è in queste pagine, composte appena prima della metà del XIX secolo, che ritroviamo lo Schumann più autentico. O autenticamente bipolare. Basta un rapido passaggio fra i due movimenti centrali: uno scherzo che sembra preludere allo sbocciare della vita, per poi ripiegarsi nei ripensamenti di un adagio che ci trattiene pensosi sulla soglia delle esperienze. 

Sul Tubo scegliamo l'immortale Leonard Bernstein, per noi il massimo interprete sinfonico di sempre, qui coi Wiener. 
Su disco rispolveriamo un Sinopoli, anch'egli viennese: deplorato da molta critica, qui in una delle sue rese a nostro avviso più convincenti. 






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